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La vita segreta nei box

Casa dolce casa, ovverosia la storia dei box per i cavalli con alcune riflessioni dal punto di vista del cavallo.

Chiunque stia leggendo questo articolo almeno una volta nella vita ha pensato questa frase: “non vedo l’ora di rientrare a casa!”. Perché la casa è questo: sicurezza, pace e raccoglimento. E quando per un umano casa è un tetto e dei muri con una bella porta, per un cavallo l’equivalente è il box.

Spieghiamoci meglio: molti vedono il box come il luogo di riposo del cavallo.
Proviamo a fare uno sforzo ulteriore: Vi siete mai chiesti cosa succede dentro ai box? Sappiate che, tanto per cominciare, nel box succede sempre qualcosa. Il naso del cavallo esplora ogni più piccolo spazio, alla ricerca di odori nuovi e nella conferma di quelli già conosciuti. Le vibrisse sono pronte ad investigare, le orecchie a captare ogni più piccola variazione di aria.
È luogo sempre abitato e vivo: piccoli animali, ragnetti, uccellini vanno a fare visita ai cavalli. I box sono comunicanti, i cavalli parlano con il vicino, sbirciano dall’altro lato, si ascoltano e sentono cosa accade ai compagni (“ma come, lui va fuori e io no?” “Aspettami!” “Perché mangia per primo?” “Quel maledetto ha russato tutta notte”).

Noi umani non sapremo mai con precisione cosa accade per davvero a causa della regola non scritta degli equini: Quello che succede nel box rimane nel box.

E nonostante ciò adoriamo quell’ambiente. Costruiti con il prezioso lavoro di papà generosi, sono fatti pensando al benessere del loro ospite: il legno nuovo, profumatissimo, è stato portato in lunghe e pesanti assi, appoggiate l’una all’altra e sapientemente assemblate. Il fondo è ricoperto di truciolo: per nulla polveroso, profuma di legno fino a riempirmi le narici anche se, così finemente tagliato, finisco sempre per portarmene un bel po’ a casa – infatti, ha lo straordinario potere di incollarsi alle calze finendo nel sottilissimo strato tra suola e incavo del piede.

Il fieno, fresco e profumato, è quello raccolto in autunno nei campi qui vicino: giallo come il sole d’estate che tramonta, lascia intravedere tra i suoi steli fiori secchi, come la camomilla (che profumo meraviglioso!), e qualche fogliolina di verdissima erba medica.

In fondo il box è un luogo irrinunciabile: è sempre aperto e frequentato da odori e suoni di vita. Possiamo avvicinarci e avere il nostro cavallo a un palmo dal naso, fino a sentirne il profumo (perché si sa, quello di cavallo è profumo e non semplice odore).

Nel box, avviene il primo e l’ultimo incontro tra noi e lui, l’inizio e la fine del nostro stare insieme, il “ciao, eccomi! Come stai oggi?” ed il “ci vediamo domani, aspettami”. È qui che nascono idee nuove (ad esempio, la voglia di comprare quel sottosella pazzesco e, perché no, anche il districante alla lavanda per la coda, o la decisione, usciti dal campo, di fare un giro fuori passando vicino al fiume anziché prendere per il ponte) ed esperienze inaspettate (come ricevere una dolce spinta con la testa in ritorno ad una coccola o una pazzesca codata nell’occhio – deve probabilmente averci scambiato per una mosca, o una dolorosissima pestata di piedi!).

Questi sottintesi vengono tenuti nascosti o siamo noi, nella nostra frenesia, a non accorgercene? Cosa cambierebbe se il primo contatto iniziasse proprio da qui, da ciò che è normalmente tenuto in disparte?

D’ora in poi, quando sentirete parlare di un box, non pensate a quattro pareti (sarebbe decisamente offensivo per il cavallo inquilino), bensì ad una realtà parallela alla nostra in cui solo i cavalli sanno cosa accade davvero.

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